Appunti di storia

Sibilla Tiburtina o Albunea

In epoca arcaica la leggenda ci riferisce di un’antica ninfa delle acque, prediletta dalla Dea Venere, che era adorata come una dea sulle rive dell’Aniene; narra la leggenda che nei gorghi del fiume Anio fu trovata una sua statua con un libro in mano.                                                               In età tarda repubblicana, sullo sperone roccioso dell’acropoli Tiburtina, fu costruito un tempio dedicato alla funzione oracolare accentrata nella figura della ninfa delle acque Albunea conosciuta come Sibilla Tiburtina o Albunea (decima fra le sibille –Lattanzio, inst., 1, 6, 12) “decimam Tiburtem, nomine Albuneam, quae Tiburi colitur ut dea, iuxta ripas amnis Anienis, cuius in gurgite simulacrum eius inventum esse dicitur, tenens in manu librum: cuius sortes Senatus in Capitolium transtulerit) Varrone in Lattanzio Divinae institutiones 1.6.3. Inoltre sulla Sibilla Tiburtina oltre Orazio Carmina 1.7.12, Tibullio 2.5, viene citato  anche Virgilio Aeneis 7.83: At rex sollicitus monstris oracula Fauni,/fatidici genitoris, adit lucosque sub alta/consulit Albunea, nemorum quae maxima sacro/fonte sonat saevamque exhalat opaca mephitim; ed il conseguente commento di Servio Commentarius in Aeneidem 7.83: sub Albunea in Albunea. alta quia est in Tiburtinis altissimis montibus. et Albunea dicta est ab aquae qualitate, quae in illo fonte est: unde etiam nonnulli ipsam Leucotheam volunt. sciendum sane unum nomen esse fontis et silvae.La Sibilla Tiburtina, profetessa dell’antichità, è ricordata poi anche nella tradizione cristiana, giacché secondo la leggenda rivela ad Augusto l’avvento prossimo del figlio di Dio.                                                                                                        Di questo racconto, sono note due differenti versioni, una di queste fa riferimento alla biografia di Ottaviano Augusto, nella quale Svetonio riferisce appunto della predizione fatta dalla Sibilla Tiburtina all’imperatore che, essendo stato osannato dal popolo con l’appellativo di Divus, le chiese se fosse opportuno farsi venerare al pari di una divinità. La Sibilla sottopose l’imperatore a un digiuno di tre giorni al termine del quale profetizzò “NASCETUR CHRISTUS IN BETHLEM, ANNUNTIABITUR IN NAZARETH, REGNANTE TAURO PACIFICO FUNATORE QUIETIS. OH FELIX ILLA MULIER CUIUS UBERA IPSUM LACTABUNT”…svelandogli il vero Dio, al quale Augusto avrebbe dovuto offrire un sacrificio. Augusto dono un altare che fu collocato sul colle capitolino; l’ara usata assegnò il nome alla Chiesa detta appunto dell’Ara Coeli (altare del cielo). L’oracolo della decima Sibilla, la Tiburtina, si presenta in un manoscritto separato dalla lista dei libri attribuiti alle Sibille della lista Varroniana (1 sec. a.C.). probabilmente fù composto dopo la fondazione di Costantinopoli e quindi lontano dalla conoscenza di Lucio Firmiano Lattanzio (250-327 d.C) storico a cui ci si riferisce per le opere pervenute.  Il testo è inserito nella redazione greca della profezia attribuita alla Sibilla Tiburtina, conosciuta inizialmente solo in redazioni latine e orientali.                                                      Nel XII secolo, nei Cronica Imperatorum, la Sibilla Tiburtina figura sia come la profetessa della leggenda dell’Ara Coeli, sia come l’interprete di un misterioso sogno di nove soli, fatto da cento senatori romani, e anche per l’acrostico sul Giudizio Finale “Tunc judicabit Dominus secundum unicuscuiusque opera et ibunt impii in gehennam ignis aeterni, iusti autem premium aeternum vitae recipient. Et erit coelum novum et terra nova, et mare iam non erit et regnabit Dominus in sanctis et ipsi regnabunt cum illo in saecula saeculorum”. È con questa allusione alla fine del mondo che si chiude la profezia della Sibilla Tiburtina. Di questo erano note versioni latine databili tra XI XVI secolo a cui si è aggiunto un testo greco scoperto nel 1949 che fa riferimento a testi circolanti prima del IV secolo.           L’autore di quest’ultimo testo, come nelle redazioni latine e orientali, finge che la Sibilla, spieghi a cento Senatori romani il significato dei dieci soli (secondo la versione greca, mentre la latina ne menziona nove), visti in sogno da ciascuno di loro. Ogni sole corrisponde a un periodo storico, il decimo segnerà la fine del mondo e il destino dell’ultimo uomo, dell’umanità e dell’universo. Nella versione latina del testo, Albunea, arsa di furore profetico, aveva annunziato pene ai malvagi e premi ai buoni, nelle sue peregrinazioni per il mondo, sconvolgendo con le sue profezie terre lontane come l’Asia, la Macedonia e la Cilicia. La sua fama indusse il Senato romano a invitarla a Roma. Giunta nella capitale dell’impero stupì tutti per la sua superba bellezza, splendente di divinità. Si presentarono al suo cospetto cento Senatori perché interpretasse il sogno fatto da tutti contemporaneamente. La Sibilla invitò i Senatori a seguirla sull’Aventino (fra gli ulivi del Campidoglio nel testo greco) e li interpretò i sogni dei senatori vaticinando il responso.     Le Sibille, profetesse dell’antichità, esercitarono i loro vaticini fino 392 d.C. quando la pratica fu proibita dall’imperatore romano Teodosio I che, dopo aver reso il Cristianesimo religione di stato nel 380 d.C., aveva soppresso i culti pagani attraverso i decreti teodosiani.                                                                                                                      Ambrosius Pompeius

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