Appunti di storia

Le Vestali

Sacerdotesse della dea Vesta (corrispondente alla greca Estia), divinità del focolare domestico, dea della casa e della patria. Le Vestali custodivano il tempio dedicato alla Dea sul Foro, tenendo sempre acceso il fuoco, che secondo la leggenda era stato acceso per la prima volta da Romolo, come simbolo dell’eternità dell’Urbe.                                   L’antichità dell’ordine sacerdotale è attestata dalla leggenda della fondazione di Roma, narrata da Tito Livio, secondo la quale, la madre di Romolo e Remo, Rea Silvia, sorella di Numitore, era una vestale di Albalonga consacrata alla Dea Vesta perché il re Amulio ne temeva la fecondità. E secondo Tito Livio (Ab Urbe condita, I, 20) le Vestali furono tra i primi ordini sacerdotali creati da Numa Pompilio, esplicitamente derivate dall’analogo culto di Albalonga.          Numa ne istituì quattro, in seguito portate a sei da Tarquinio Prisco e tali rimasero, fino alla dissoluzione dell’ordine.                                                                                                Quando Roma era ancora una teocrazia (re creduto di origine divina), le Vestali erano elette e dipendevano dal re. Dopo l’introduzione delle XII Tavole (Leggi, che regolavano la vita di Roma, durante l’epoca monarchica), le Vestali passarono sotto l’autorità del Collegio dei Pontefici.                                                                                                            Le Vestali erano prescelte dal Pontefice Massimo, secondo i canoni stabiliti dalla legge.
Erano convocate, di volta in volta, venti bambine, tra i sei e i dieci anni, appartenenti a famiglie patrizie, che non avevano commesso peccati, e scelte con sorteggio.  La consacrazione al culto, officiata dal Pontefice Massimo, avveniva tramite il rito della CAPTIO VIRGINIS.  Le fanciulle erano portate al tempio, sottratte alla patria potestà: qui avveniva il rito del taglio della chioma, che era poi appesa ai rami dell’albero di loto, la vestizione e il voto di castità. Il servizio aveva una durata di trenta anni: nei primi dieci erano considerate novizie, nel secondo decennio erano addette al culto mentre gli ultimi dieci anni erano dedicati all’istruzione delle novizie.                                                        Come Vesta (intorno alla quale non esistono racconti mitologici) dovevano rimanere vergini e per distinguersi dalle altre donne portavano una speciale acconciatura dei capelli e un velo bianco, suffibulum, che era assicurato sul petto mediante una fibbia. Le Vestali erano le custodi del fuoco sacro, acceso con delle tavolette d’arbor felix, al di fuori dell’aedes vestis (tempio delle vestali), i tizzoni, poi, erano portati all’interno del tempio e posti sul focolare. Il fuoco non doveva mai spegnersi; in  tal caso la pena prevista era la fustigazione in un luogo oscuro, della Vestale responsabile coperta soltanto di veli.  Inizialmente, la custodia del fuoco sacro, era nel tempio di Caco sul Palatino (uno dei sette colli di Roma); in seguito ebbe sede nel Tempio di Vesta, nel Foro.                        Dopo trent’anni di servizio come si è detto, potevano abbandonare il sacerdozio e, volendo, sposarsi. Le Vestali conducevano una vita agiata, possibile grazie alle elargizioni private e ai lasciti testamentari. La loro vita si svolgeva nell’Atrium Vestae, accanto al tempio, ma potevano uscire liberamente e avevano privilegi che le rendevano del tutto uniche tra le donne romane. Le Vestali erano mantenute a spese dello Stato, ed erano le uniche donne romane che potevano fare testamento, e custodi, a loro volta, grazie all’inviolabilità del tempio e della loro persona, di testamenti e trattati, potevano testimoniare senza giuramento e i magistrati cedevano loro il passo e facevano abbassare i fasci consolari al loro passaggio. Onorate e rispettate dalla gente, le Vestali avevano molti diritti: avevano posti privilegiati al teatro e al circo, e partecipavano attivamente alla vita della città. In particolare, la Vestale Massima era esentata dall’autorità dei funzionari pubblici, chiamati censori. Esse avevano il diritto di chiedere la grazia per il condannato a morte che avessero incontrato casualmente a significare che la loro esistenza era sacra, quello di essere sepolte entro il pomerio (all’interno delle mura), un privilegio raramente concesso.  Erano inoltre incaricate di preparare gli ingredienti per qualsiasi sacrificio pubblico o privato, come la mola salsa, farina tostata mista a sale, con cui si cospargeva la vittima (da qui il termine immolare), provvedevano inoltre ad aiutare i poveri e i bisognosi, cosicché per Roma non girassero mendicanti.                                   Le uniche colpe che potevano sovvertire questo stato di assoluta inviolabilità erano lo spegnimento del fuoco sacro, del quale s’è accennato in precedenza, e la relazione sessuale che era considerato sacrilegio imperdonabile (incestus), poiché la loro verginità doveva durare per tutto il tempo del servizio nell’ordine. In questi casi la vestale non poteva essere perdonata, ma neppure uccisa da mani umane, perchè sacra alla dea. Se erano sorprese a commettere atti di libidine (incestus), la punizione era terribile. La colpevole, infatti, veniva sepolta viva nel campus sceleratus, nei pressi di Porta Collina, in una fossa con poca luce e poco cibo; questa era, poi, ricoperta, per cancellare ogni ricordo della Vestale. Il complice dell’incestus subiva invece la pena degli schiavi: fustigazione a morte. Il sacerdozio sopravvisse all’affermazione del cristianesimo, nei primi secoli; le Vestali, ministre di un culto millenario caro alle donne e alla città, continuarono a essere amate e onorate dal popolo romano fino al IV secolo. L’ultima gran sacerdotessa fu Celia Concordia (384). Soltanto nel IV secolo dopo Cristo, l’ordine si dissolse definitivamente. A seguito degli editti di Graziano, 382 d.C., furono tagliate le rendite annue delle Vestali. Gli editti di Valentiniano e Teodosio, rispettivamente nel 391 e 392 d.C., ordinarono di non entrare nei templi; Teodosio infine, nel 394 d. C., con una serie di decreti, proibì il mantenimento di qualunque culto pagano e il sacro fuoco nel tempio di Vesta fu spento definitivamente, decretando la fine dell’ordine delle Vestali.                                 AMBROSIVS POMPEIVS

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